Mastodon sì, Mastodon no. (Non) è complicato.
Lo ammetto. Certe volte mi lascio portare da facili entusiasmi. Così, di fronte alla mia prima reazione alla scoperta di un’alternativa a Twitter chiamata Mastodon (che figata), mi sono detto: mah, magari sono io. Magari, nel trasferirsi da un social network ansiogeno come pochi, di proprietà di un miliardario spietato, che liquida la gente come abiti dismessi, ci sono delle controindicazioni che mi sfuggono. A parte, ovviamente, perdere i follower che avevi dall’altra parte e dover ricominciare da zero a crearti una rete di contatti.
C’è indubbiamente una questione di massa critica: anche se è cresciuto molto, al momento Mastodon è ancora una realtà di nicchia, con una frazione degli utenti di Twitter. Per cui, se devi trasmettere il tuo messaggio velocemente a tante persone, come fanno notare alcuni ricercatori su Nature, forse Mastodon non è la scelta migliore.
Se vuoi invece avere una conversazione intelligente, non troppo limitata dall’esiguo numero di caratteri (se ne possono usare fino a 500, contro i 280 di Twitter) e in un clima, almeno per ora, di generale rispetto, allora è il social network che fa per te.
Il fatto che i messaggi (“toot”) siano mostrati in ordine cronologico nella tua timeline e non in base a qualche misteriosa decisione dell’algoritmo come avviene Twitter, lo trovo molto riposante. È molto più facile ritrovare un messaggio o una conversazione e non c’è l’ansia di “primeggiare”, di apparire sopra gli altri.
Poi, bisogna dire, che al contrario di quanto letto in molti commenti, per chi viene da Twitter creare un account su Mastodon, e capire come funziona, non è affatto complicato. L’unico punto delicato è scegliere quale delle varie piattaforme federate, che fungono da punto di accesso al network, utilizzare. Come ho risolto? Iscrivendomi al primo server italiano segnalato su Google, dopo una ricerca che mi ha preso circa 2 minuti. Troppo complicato? Forse abbiano un’idea riduttiva dell’intelligenza dei nostri simili.
Quello che è leggemente più complicato e richiedere un po’ di lavoro, è capire quali persone seguire. L’escamotage più semplice è trovare qualcuno di cui si ha stima che è già sul network, e spulciare la sua lista di seguiti e seguaci. Molto probabilmente, troverete un po’ di persone da seguire. Inoltre, molti utenti stanno creando liste di account a tema: “giornalisti”, “politici”, “accademici”, eccetera. Basta un po’ di pazienza.
Forse, uno dei problemi è che non siamo più abituati, nemmeno un poco, a faticare e smanettare per avere le cose. Preferiamo avere la pappa pronta, anche se è una pappa decisa da altri, per motivi loro, che di solito hanno a che fare col venderti qualcosa, o manipolare le tue scelte elettorali.
Seguo da abbastanza tempo queste cose per ricordarmi quando è arrivato Twitter. Tutti dicevano: ma a cosa serve ‘sta cosa? Ma, comunicare in 140 caratteri, cosa vuoi che si possa dire in 140 caratteri? Non c’era l’hashtag, che è stato introdotto dopo, per iniziativa di qualche utente. Per mandare messaggi diretti, bisognava aggiungere manuamente una D: prima del messaggio e RT per i retweet. E stiamo a lamentarci di Mastodon?